Una croce astile, da qualche giorno, fa bella mostra di sé di fianco all’altare maggiore nella Chiesa dei Cappuccini di Fidenza.

L’opera, dono prezioso di un benefattore che vuole rimanere anonimo, era in condizioni disastrose e incompleta strutturalmente, aveva solo la parte superiore, senza asta e senza basamento, ma altri benefattori si sono prodigati con passione e gratuitamente per restaurarla, integrandola con gli elementi mancanti: un falegname, il signor Angelo Dotti, e un fabbro, il signor Giorgio Barezzi.

La Croce astile, o Croce processionale, è un oggetto liturgico in uso nella Chiesa cattolica e da altre confessioni cristiane. È simile a quella da altare, invece di avere una base, è fissata a un’asta su piedestallo ed è alta più di due metri. 

È utilizzata nelle processioni, sia all’esterno, lungo le vie della città, sia all’interno della chiesa, all’inizio della liturgia, quando il sacerdote entra e si reca all’altare, e, alla fine quando esce (ad esempio, nella nostra Cattedrale di San Donnino, nelle celebrazioni solenni presiedute dal Vescovo).

Solitamente è tenuta da un ‘crocifero’ (ministrante che porta la croce) che segue il ‘turiferario’ (che porta il turibolo con l’incenso) e precede il sacerdote e tutti gli altri ministranti. Raggiunto il presbiterio, la croce astile è riposta sul piedestallo. Nel rito romano è tenuta col crocefisso rivolto in avanti, mentre nel rito ambrosiano è rivolto all’indietro, verso il sacerdote.

L’uso delle croci processionali è antichissimo, ma nei primi secoli, fornite di una corta impugnatura, erano portate a mano. Verso il XVII secolo si diffusero le croci astili con il braccio verticale prolungato per una più agevole presa. Su queste croci, l’immagine di Gesù crocefisso sul fronte compare intorno al IX secolo. In seguito possiamo trovare l’immagine della Madonna o di Santi sul retro o nelle terminazioni dei bracci.

La ‘nostra’ è di rame sbalzato e argentato, con un bel motivo, prodotto da stampi, anche se di modesta esecuzione. Presenta il Cristo sul fronte, dove i bracci sono appena decorati da sottili rametti curvilinei, racchiusi da cornice di foglioline intrecciate a V (Vittoria sulla morte), che si complicano alle estremità ampliandosi con palmette e girali di foglie di acanto. Al centro vi è un rilevante fiore tondo a raggera, dove poggia la testa Gesù, reclinata a destra. Dagli angoli formati dai bracci, si dipartono grandi fasci di raggi di luce tripartiti (in un angolo mancanti).

Nel retro, la croce ripete lo schema, senza figure e senza raggi. Nei fianchi vi sono piccoli fiori con cinque petali (le cinque piaghe del Salvatore, o l’Essenza: l’unione del pari, la natura umana e divina di Cristo, con il dispari, la Trinità...) Il grosso pomo, l’‘incarnazione’, vicino all’impugnatura che s’infila nell’asta, presenta un motivo decorativo classico greco a meandro su due fasce, e foglie appuntite alla base. 

Secondo Padre Stefano, quasi certamente il Cristo è antecedente alla croce, è un pezzo unico in fusione a tutto tondo, di materiale diverso e non proporzionato a essa: è, infatti, piccolo. Il suo viso ha il carattere di un ritratto, con barba e capelli lunghi. Il suo corpo è perfetto, in una torsione di dolore, con le ginocchia leggermente piegate, non parallele, e un chiodo per ogni piede, tipico dei crocefissi del 1600/1700 (potrebbe essere comunque d’inizio Ottocento, anche se dal quel periodo l’iconografia della figura del Cristo avrà i piedi sovrapposti con un unico chiodo).

Difficile la datazione anche della croce: è forse dell’ultimo quarto dell’Ottocento, di stile tardo Impero, potrebbe essere del 1870. Probabilmente era una croce processionale senza Cristo; sembra di gusto orientale, bizantino (senza figura o questa era un tutt’uno con la lastra, dipinta o sbalzata direttamente; è tipico solo dell’iconografia occidentale il Cristo a tutto tondo attaccato alla croce).

Come racconta Padre Stefano, quando la croce è arrivata, era in condizioni pietose, il braccio verticale alto era spezzato a metà, stava insieme solo grazie alla copertura metallica, anche questa molto rovinata in diversi punti, piena di buchi, con vari chiodi ribattuti, segno di un tentativo maldestro di tenere insieme il tutto.

Il restauro fatto da Angelo, falegname veramente abile nel suo lavoro, è stato magistrale, soprattutto per la cura e l’attenzione nel rispettare nel modo più assoluto il manufatto.

La croce che racchiudeva un’anima di legno ammalorata col tempo e non più stabile è stata completamente smontata, con grande pazienza, togliendo chiodino per chiodino dal rivestimento in metallo. È stata intagliata la nuova anima, di legno antico, nella forma originale, utilizzando solo incastri e chiodi di legno, come si faceva un tempo. La lamina di rame brunito d’argento è stata tutta ribattuta - con arnese di legno per non lasciare segni - per chiudere i buchi e le fessurazioni, e per recuperarne i volumi, indi rimontata con delicatezza e precisione usando i chiodini originali. Gli interventi con chiodi metallici, infatti, avevano compromesso la statica del legno. La croce antica è stata conservata.

Padre Stefano ha poi progettato con Angelo il basamento - considerando lo stile Impero - e l’asta di supporto. Lo stile Impero utilizza sempre legno e metallo, solitamente metallo dorato; essendo però la croce in argento si è deciso per il decoro di ferro tipo argentato con piccoli archi su una fascia di rivestimento alla base, impreziosita con sfere che ne aumentano la staticità: e qui risalta l’intervento accurato di Giorgio, il fabbro.

Come forma del basamento di legno, poiché è di sostegno alla croce, si è scelto il tronco di piramide a base ottagonale per porre l’accento sull’ottavo giorno, il Dies Domini, il giorno della Resurrezione - dopo il sabato ebraico (settimo giorno della creazione) - e quindi il giorno senza tramonto, ossia l’Eternità. Troviamo l’ottagono anche nella pianta dei battisteri antichi (come in quello, grandioso, di Parma, ad esempio), figura intermedia tra il quadrato, simbolo di terra e il cerchio, simbolo di cielo, poiché il Battesimo ci apre la strada al Paradiso.

La croce è dove il Cristo di fatto è morto, anzi nell’atto della passione perché ha la bocca aperta, sta morendo; però essendo il Cristo dell’ottavo giorno, come il crocefisso bizantino siriaco che parlò a San Francesco, ha gli occhi aperti, per cui è un Cristo vivente, messo in risalto dal motivo decorativo tutto fiorito della croce processionale.

Le otto assi di legno dei lati sono state ricoperte con lastronata di olmo di 5 mm., ricavata tutta a mano da una vecchia trave tagliata in modo da rivelarne al massimo la fiamma. Questo motivo lineare dato dagli anelli di crescita, che tagliati in un determinato modo sembrano proprio una fiamma di candela, è disposto qui con le punte verso l’alto quasi a indicare di guardare la croce. Significativamente presente, come sempre nelle raffigurazioni sacre, la simbologia dei numeri: l’uno, il tre, il quattro, il cinque, l’otto, il dodici… 

È stato scelto il legno d’olmo anche per l’asta, perché è di un albero autoctono, tipico della zona, e l’olmo come il castagno tende ad avere una fiamma larga e bella ma chiara. Così si è deciso di scurire il tutto a tinta noce perché l’altar maggiore della chiesa è in noce. Col tempo, la verniciatura ottenuta con aniline all’alcool e gommalacca tirata a tampone che dà un lucido caldo, lascerà schiarire la fiamma e risalterà così il cangiantismo tipico dell’olmo.  Il legno antico rimane stabile, è un’essenza naturale che ha una sua vita, e il vero artista è colui che lo sa rispettare, mettendone in luce le venature.

La croce astile è alta complessivamente 245 cm. (di cui, la croce, 60 cm.; l’asta, 145 cm.; il piedestallo, 40 cm., largo alla base 35 cm., alla sommità, 22 cm.).

Ecco che, grazie a persone di buon cuore, un altro segno liturgico, forse acquistato sul mercato antiquario, é tornato in chiesa a riprendere la sua funzione, arricchendo di bellezza l’edificio di culto.

È vicino a opere importanti, come la pala d’altare di G. B. Tagliasacchi, il tabernacolo di legno, madreperla e avorio di Fra Fedele da Scandiano, dono di Enrichetta d’Este e del marito il principe Darmstadt, la tomba dei due Principi, opera eccelsa di G. B. Boudard, il rilievo di marmo della Madonna del Carmelo, e molte altre opere, magari considerate minori, ma che minori non sono, perché frutto di una storia umana e di fede.

Fidenza 14/11/2019                                                                                                                      Mirella Capretti

 

Orario Sante Messe

Feriali: 7.00; 18.30

Festivo: 8.00; 9.3011.00; 18.30

Il lunedì la Chiesa è chiusa

 

Calendario eventi

Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30

Newsletter

Iscriviti alla nostra Newsletter per restare sempre aggiornato su iniziative ed eventi della nostra parrocchia.

Diocesi di Fidenza

Vaticano

Frati Cappuccini Emilia-Romagna