Santa Rita da Cascia
I devoti della “Santa dell’impossibile” saranno delusi ma non dovranno essere addolorati, notando come il nome di Santa Rita non sia stato introdotto nel Calendario ecclesiastico. L’omissione non è affatto una menomazione della santità della vedova di Cascia.
Significa semplicemente che non è stato attribuito un valore universale alla Santa peraltro invocata in tutti i paesi del mondo. Parlando di Santa Rita, i dati biografici e geografici, le date storiche e le circostanze ambientali perdono quell’importanza spesso attribuita loro nel caso di altri Santi, che ci si sforza di collocare in un quadro il più possibile storicamente esatto. Non c’è bisogno di rievocare le condizioni della società del 400, o la vita tra le impervie gole dell’Umbria, per parlare di una donna vissuta nel dolore, che con il dolore si santificò, intercedendo così per tutti colore che, afflitti, ricorrono a lei. “Santa dell’impossibile”, perché santa del dolore e mediatrice delle più straordinarie grazie.
Nella vita di Santa Rita c’è un fatto che lascia, più che perplessi, sgomenti. Fanciulla di Roccaporena, aveva accettato, per obbedienza ai vecchissimi genitori , e contro la vocazione religiosa, il matrimonio con Paolo di Ferdinando, giovane violento e collerico; arrogante e irrequieto.
Con molta fatica e con molte preghiere, il marito giunse alla conversione e alla dolcezza. Ma intorno a lui si spensero le antiche inimicizie e una sera fu trovato ucciso sul margine di una strada. Da lui Rita aveva avuto due figlie, ancora bambini ma già consapevoli. Il sangue altero del padre ribolliva nelle loro giovani vene. Per lunghi mesi meditarono la vendetta e per lunghi mesi Rita tentò invano di strapparli al male, con le sue preghiere e con il suo amore. Poi, quando si accorge che nulla potrà fermarli, ecco l’invocazione che sfida la nostra viltà e sgomenta la nostra natura terrestre: “Signore, meglio ch’essi muoiano, prima di macchiarsi di una colpa irreparabile”. Per avvicinarsi e comprendere questa preghiera,estrema espressione di un affetto più che umano, è necessario poter valutare quanto dolore Rita accetti in cambio del suo disperato amore. La preghiera è esaurita: i figli muoiono, lasciandola sola a pregare con la sofferenza l’eterna salvezza dei suoi cari. Si sa come, dopo molti tentativi , venne accettata dalle suore agostiniane e introdotta miracolosamente dal Battista, da Sant’Agostino e da un altro grande Santo agostiniano, Nicola da Tolentino, entro le porte ben serrate del Monastero di Cascia. In questo Monastero intitolato ad una Santa penitente, Maria Maddalena, ella fu suora del dolore, la mistica innamorata del Crocifisso.
Preghiera di Santa Rita
I devoti della “Santa dell’impossibile” saranno delusi ma non dovranno essere addolorati, notando come il nome di Santa Rita non sia stato introdotto nel Calendario ecclesiastico. L’omissione non è affatto una menomazione della santità della vedova di Cascia. Significa semplicemente che non è stato attribuito un valore universale alla Santa peraltro invocata in tutti i paesi del mondo. Parlando di Santa Rita, i dati biografici e geografici, le date storiche e le circostanze ambientali perdono quell’importanza spesso attribuita loro nel caso di altri Santi, che ci si sforza di collocare in un quadro il più possibile storicamente esatto. Non c’è bisogno di rievocare le condizioni della società del 400, o la vita tra le impervie gole dell’Umbria, per parlare di una donna vissuta nel dolore, che con il dolore si santificò, intercedendo così per tutti colore che, afflitti, ricorrono a lei. “Santa dell’impossibile”, perché santa del dolore e mediatrice delle più straordinarie grazie.
Nella vita di Santa Rita c’è un fatto che lascia, più che perplessi, sgomenti. Fanciulla di Roccaporena , aveva accettato, per obbedienza ai vecchissimi genitori, e contro la vocazione religiosa, il matrimonio con Paolo di Ferdinando, giovane violento e collerico; arrogante e irrequieto.
Con molta fatica e con molte preghiere, il marito giunse alla conversione e alla dolcezza. Ma intorno a lui si spensero le antiche inimicizie e una sera fu trovato ucciso sul margine di una strada. Da lui Rita aveva avuto due figlie, ancora bambini ma già consapevoli. Il sangue altero del padre ribolliva nelle loro giovani vene. Per lunghi mesi meditarono la vendetta e per lunghi mesi Rita tentò invano di strapparli al male, con le sue preghiere e con il suo amore. Poi, quando si accorge che nulla potrà fermarli, ecco l’invocazione che sfida la nostra viltà e sgomenta la nostra natura terrestre: “Signore, meglio ch’essi muoiano, prima di macchiarsi di una colpa irreparabile”. Per avvicinarsi e comprendere questa preghiera,estrema espressione di un affetto più che umano, è necessario poter valutare quanto dolore Rita accetti in cambio del suo disperato amore. La preghiera è esaurita: i figli muoiono, lasciandola sola a pregare con la sofferenza l’eterna salvezza dei suoi cari. Si sa come, dopo molti tentativi , venne accettata dalle suore agostiniane e introdotta miracolosamente dal Battista, da Sant’Agostino e da un altro grande Santo agostiniano, Nicola da Tolentino, entro le porte ben serrate del Monastero di Cascia. In questo Monastero intitolato ad una Santa penitente, Maria Maddalena, ella fu suora del dolore, la mistica innamorata del Crocifisso.
Un giorno, in una preghiera più intensa in un abbraccio più intimo e in uno slancio più alto di sofferenza, sente l’Amato arrivare, dolorosamente, con una spina confitta nella fronte, aperta da una piaga perenne e penosa.
Resterà così, segnata dal bacio doloroso di Gesù per altri 14 anni, fino alla morte, avvenuta nel 1457, nel Monastero di Cascia.
Attorno a lei, che ha preso le spine di tutti i dolori, fioriscono miracolose rose color del sangue; vicino a lei, perpetuamente sofferente, guariscono i malati e si rianimano i paralitici.
Muore nel miracolo ed i meriti del suo lungo dolore sembrano accumularsi in un esauribile riserva di bene per chi soffre, per chi vacilla, per chi dispera.
Tratto da "Mille Santi del giorno" - Vallecchi Editore